CAMMINO di SANTIAGO IN CAMPER

E finalmente siamo riusciti ad arrivare a Santiago de Compostela… a piedi! Quanti anni abbiamo passato a sognarlo, a progettarlo, ore a leggere storie del Cammino di Santiago, a guardare video di altri pellegrini, ad ascoltare podcast di avventure fantastiche vissute sui sentieri che portano alla tomba di San Giacomo. Giornate intere ad immaginarlo, pensando alle scarpe giuste, all’abbigliamento giusto, alla mappa giusta, alla guida giusta, ai compagni giusti.

E ora che lo abbiamo fatto, ci sembra, invece, tutto più facile, tutto molto naturale. Le paure che ci attanagliavano e i dubbi che avevamo si sono rivelati infondati. Abbiamo vissuto una grande avventura che rimarrà uno dei ricordi più belli della nostra vita. Ma andiamo con ordine, ritorniamo ai giorni in cui abbiamo preso definitivamente la decisione di metterci in cammino.

La pianificazione

A Settembre 2024 eravamo alla fine dell’ennesimo capitolo del nostro viaggio, con il nostro camper e le nostre piccole amiche pelose Sila e Ginny. L’estate l’avevamo passata sulle fresche montagne di La Thuile all’ombra del Monte Bianco. La lunga sosta era stata d’aiuto per riflettere sul prosieguo del nostro viaggio. Le nostre finanze piangevano, ma di fermarci non se ne parlava proprio. L’idea era di “temporeggiare” girovagando un po’ fra i Paesi del nord Europa in attesa della stagione fresca. Francia, Belgio, Lussemburgo e Olanda sono stati i Paesi in cui abbiamo preso sempre più consapevolezza che l’avventura del Cammino di Santiago andava vissuta il più presto possibile. Il momento era arrivato: ci siamo messi gli scarponi ai piedi, lo zaino in spalla e il 24 Ottobre abbiamo fatto il primo passo verso Santiago de Compostela.

La decisione di partire non è stata semplice, ma è stata presa in maniera molto naturale. Le difficoltà e i problemi non mancavano: “Come facciamo con il camper? E i nostri animali? Va bene, Sila qualche tappa può farla, ma Ginny, il nostro gatto, che fa tutto il giorno sul camper? Fra una cosa e l’altra servono almeno 40 giorni per farlo, abbiamo a disposizione tutto questo tempo? Come faremo con il nostro lavoro?”

Prima di partire avevamo tante domande e tante incognite, ma piano piano abbiamo aggiustato la nostra organizzazione.

L’idea iniziale era questa: Savino farà tutte le tappe, Alessia le farà quando non dovrà lavorare al mattino, Sila si farà le tappe più semplici se le condizioni meteorologiche lo permettono. Ginny speriamo di portarla ogni tanto. Ma il camper? Beh, ci facciamo la tappa, poi prendiamo un autobus che ci porta a inizio tappa, e poi con il camper ritorniamo a fine tappa, pronti per il giorno successivo. L’organizzazione ci sembra perfetta, ma dovremo cambiare spesso assetto durante il Cammino.

Il primo passo sul Cammino di Santiago

Inizia il Cammino

Quindi, fatta la Credenziale a Saint Jean Pied de Port, ci avventuriamo verso i Pirenei sulla via Napoleonica. La Credenziale è un documento che certifica lo stato di pellegrino e, man mano, dimostra l’effettuazione del Cammino. Si può richiedere nelle tante associazioni legate al Cammino di Santiago in giro per il mondo o direttamente all’Ufficio del Pellegrino di Saint Jean Pied de Port. Va timbrato in ogni città, chiesa, albergue, bar o qualsiasi cosa abbia un timbro sul Cammino. Una volta a Santiago, mostrandola all’ufficio del pellegrino, si otterrà la Compostela, il famoso documento scritto in latino, che certifica solennemente la realizzazione del Cammino di Santiago.

Messe da parte, dunque, le pratiche burocratiche da pellegrino, inizia finalmente il nostro Cammino. Per i primi chilometri mi faccio accompagnare da Sila. Il Cammino però dà subito il benvenuto, con una tappa bella tosta: il dislivello da fare è di 1440 metri in 27 km: una bella sfacchinata. Così, dopo le prime salite, chiamo i soccorsi e sono costretto a lasciare Sila sul van. Proseguo dunque in solitaria, ma sulla strada faccio già la mia prima conoscenza. Un signore spagnolo, molto in là con l’età, bassino, mingherlino, con uno zainone enorme, sale molto lentamente sui pendii della via Napoleonica:

“Hola buenos días, vai a Santiago?”;

“Sì e forse anche fino a Finisterre” gli rispondo;

“Lo vuoi un consiglio da un veterano? Pensa giorno per giorno (in spagnolo “día a día”). Oggi cerchiamo di arrivare a Roncisvalle… domani si vedrà!”. Da quel giorno lui sarà “Día a día”.

Bisogna scavallare i Pirenei e quindi le pendenze si fanno sempre più importanti, man mano che saliamo. Nel nostro primo giorno, beccheremo un vento da paura, che a certe altitudini ci fa rabbrividire. Cerco di scambiare qualche parola con gli altri pellegrini, ma la fatica e il vento non permettono una buona comunicazione. Per fortuna c’è il sole, e la valle di Saint Jean è ben visibile dall’alto. Devo imbaccuccarmi per bene per arrivare al confine fra Francia e Spagna. Arrivati su quella linea immaginaria però, la salita non è finita ancora. Servirà forza e determinazione per arrivare all’alto di Lepoeder a più di 1400 metri di altitudine. Poi l’arrivo a Roncisvalle è tutto in discesa. Veniamo accolti nella bellissima collegiale:

“Ti serve un letto?”, “No, solo il timbro, grazie. Dormo sul mio camper.”. E la prima tappa è andata. Vado a letto stanco ma felicissimo.

Tappa in coppia lungo il Cammino di Santiago

Il secondo giorno, ancora un’altra tappa che mi mette a dura prova: piove a dirotto dalla mattina e la discesa verso Zubiri nel finale di tappa è resa molto insidiosa da un ruscelletto formatosi sul sentiero proprio a causa della pioggia. Rischio di scivolare un paio di volte. Sono completamente zuppo e sul Cammino non vedo nessuno. Data la pioggia torrenziale, inizio ad avere paura. Proprio quando sto per mollare, vedo Alessia che mi viene incontro: “Mancano 500 metri a Zubiri”. Il Puente de la Rabia che ci introduce al piccolo paesino, mi sembra un miraggio. Siamo solo alla seconda tappa e sono già stanco morto.

Il giorno successivo però, siamo di nuovo in piedi per la terza tappa che ci porterà a Pamplona. Siamo per la prima volta in due. Il parcheggio ci sembra sicuro e dovrebbe piovere per tutto il giorno: condizioni perfette per lasciare Sila e Ginny a guardia del camper. Con Alessia, dunque, facciamo la tappa in tranquillità e sperimentiamo la tiritera: fare la tappa, tornare indietro con un bus, ritornare a destinazione col camper, cercare un posto per la notte… insomma, un delirio.

In ogni caso, il nostro Cammino prosegue in questo modo, tappa dopo tappa, giorno dopo giorno. La prima fase del Cammino ci mette alla prova fisicamente: il nostro corpo deve abituarsi a questo ritmo, i nostri piedi fanno male negli ultimi chilometri. Per fortuna abbiamo il vantaggio di avere uno zaino leggero, dato che tutto il necessario per la notte è sul nostro fedele camper. Roger ci scalda ogni sera e fa sì che le nostre ossa si rigenerino per la tappa successiva.

Un mojones che indica la direzione del Cammino di Santiago

La routine del Cammino

È di giorno però che si entra nel vivo del Cammino: sveglia alle 7:00 con coccole ai nostri animali, colazione abbondante con burro d’arachidi e uova, passeggiatina con Sila, pulizia della sabbietta di Ginny, riempiamo la borraccia (1,5 litri), sistemiamo lo zaino, regoliamo i bastoncini e via sui sentieri del Cammino di Santiago. Normalmente percorriamo tra i 25 e i 30 km al giorno, tra piccoli borghi e grandi città, natura incontaminata e strade ultra trafficate. Tanti sono i momenti in cui bisogna fermarsi, per osservare le tante attrazioni naturalistiche e architettoniche, o per scambiare due parole con gli altri pellegrini. Le pause lunghe però sono una o due e servono per rifocillarci o riprendere fiato. Un panino, due uova sode, un pezzo di cioccolato, una banana: questa la nostra razione a pausa pranzo. Quando Sila cammina con noi, crocchette, biscottini e acqua in più sono d’obbligo. Poi, se abbiamo bisogno di energie extra, ci sono sempre bar e punti ristoro, pronti a offrire tortillas ed empanadas per pochi euro. Oltre a cibo e acqua, nel nostro zaino abbiamo la cassetta del pronto soccorso, un coltellino svizzero, calzini di ricambio, poncho antipioggia, power bank, batteria e SD extra per la fotocamera.

Sull’Alto del Perdon

Solitamente arriviamo al camper nel primo pomeriggio dopo 6-8 ore di marcia. Se siamo in coppia ci tocca tornare indietro a prendere il camper e ritornare a destinazione. Facciamo una merenda, pediluvio, doccia e, se ne abbiamo voglia, andiamo a visitare la città che ci ospita. Cerchiamo la chiesa di riferimento per apporre il timbro sulla nostra credenziale e, se ci va, ci fermiamo per la messa dove spesso viene elargita la benedizione al pellegrino. Se c’è qualche bar che ci ispira, ci concediamo una caña (una birra piccola alla spina) e una tapas insieme a qualche altro pellegrino. Rientriamo al camper, cena e si va a letto presto.

Le sfide del Cammino

Arrivati a Espinoza del Camino (preludio delle temutissime Mesetas) in una calda domenica di Novembre proviamo un’altra soluzione. È Alessia con Sila a farsi la tappa, mentre io svolgo le faccende di casa nel minuscolo, ma accogliente paesino. Finita la tappa vado a riprendere Alessia e Sila ad Atapuerca, dopodiché ritorniamo al punto di partenza perché all’indomani la stessa tappa la farò io. Questa soluzione però si rivelerà abbastanza fallimentare, in quanto ci metteremmo troppo tempo per arrivare a Santiago, e poi Alessia, dati gli impegni di lavoro, può camminare solo nel weekend. Abbandoniamo quindi subito questa pista e ritorniamo alla soluzione iniziale.

Dobbiamo pensare innanzitutto a camminare, e quando arriviamo sulle Mesetas la faccenda si fa dura. Abbiamo già percorso più di 200 km a piedi e abbiamo superato Burgos. In questa tappa sono solo e sono subito in difficoltà quando lascio la città: un mignolo del piede inizia a darmi fastidio, ma non demordo e continuo verso le prime colline delle Mesetas. Ricevo una benedizione da una suora, che mi regala anche una collanina fatta con un filo di cotone e appesa a questo una minuscola medaglietta che raffigura la Virgen di Rabè del Las Calzadas. La ringrazio e proseguo. Vedo la mappa e il fine tappa sembra vicino. Ma è stato un errore di lettura e mi ritrovo a percorrere 10 km in più del previsto. Il sole picchia, nonostante siamo a Novembre, e intorno a me non c’è un albero nemmeno a pagarlo. Il sentiero è drittissimo e attorno a me non c’è assolutamente niente, a parte qualche pala eolica in lontananza. Il piede fa sempre più male e qualche falchetto mi prende in giro svolazzando sulla mia testa. Dopo 17 km di nulla cosmico, percorsi zoppicando e arrancando sui bastoncini, finalmente appare in fondo alla valle il paesino di Hontanas. Ce l’abbiamo fatta ma la fatica è stata tanta.

Las Mesetas

Nei giorni successivi pagherò questa svista, e per un giorno sono costretto a cedere il testimone. Salto la tappa tra Itero de la Vega e Carrion de los Condes, e la pausa si rivelerà efficace per il prosieguo del cammino. Anche per Alessia questa tappa sarà il punto di svolta: innanzitutto testerà le scarpe appena comprate, ma prenderà consapevolezza che il suo Cammino “a singhiozzo” deve prendere una piega diversa.

Io ritorno a camminare, percorrendo tutte le Mesetas in solitaria, o meglio, in compagnia di altri pellegrini. È il punto più critico, in cui si è tentati di mollare, poiché si è molto stanchi e doloranti, ma si va avanti pur sapendo che la parte più dura del cammino ancora deve venire. Il dolore fisico cede alla fatica mentale, ma solo per qualche istante. Sulle Mesetas si ha molto tempo per pensare al proprio Cammino, alle motivazioni che ci hanno portato su questi sentieri e più in generale al percorso della propria vita. Si fanno molte riflessioni con sé stessi o parlando con gli altri pellegrini. Camminando con sconosciuti si tende ad esprimere pensieri e a raccontare esperienze che normalmente non diremmo mai a nessuno. Questa è una delle magie del Cammino.

La decisione più importante

Proseguiamo dritti verso un’altra grande città: León ci appare immensa vista dall’ultima collina delle Mesetas, e in effetti lo è per davvero. Si deve camminare per molte ore nella città della Cattedrale con le Torri Gemelle. Così decidiamo di fermarci davanti al famosissimo Convento di San Marcos, oggi diventato un hotel di lusso, ma che trasuda storia e un fascino senza tempo.

Leòn Murales dedicato al Cammino di Santiago

Vista la bellissima area sosta camper di León, affollata ma sorvegliata, e viste le condizioni meteorologiche favorevoli (nuvole e pioggerellina per tutto il giorno), decidiamo di incamminarci insieme, io e Alessia, lasciando le piccole sul camper. Riflettiamo su come sta andando il nostro Cammino e noto che Alessia non è molto soddisfatta del suo Cammino fatto a pezzi. Così prendiamo una decisione: da questo punto in poi farò io le tappe tutte in solitaria (o al massimo con Silotta) e poi, una volta finito il mio Cammino, inizierà quello di Alessia, che prenderà una pausa dal lavoro per percorrere le ultime 12 tappe totalmente in solitaria (o al massimo con Silotta). In questo modo, chi non cammina può prendersi cura di camper, cane e gatto, e l’altro si gode il proprio Cammino. Abbiamo deciso così di aspettarci a vicenda per il nostro bene, per il bene delle nostre cucciole e per la sicurezza del nostro camper. Inoltre, per le ultime 5 tappe abbiamo deciso di passarle negli albergue per vivere appieno lo spirito e l’esperienza del Cammino. La decisione non poteva essere più azzeccata di così.

Abbiamo preso una decisione

Dopo León però, la protagonista del Cammino è una sola: la noia! Su questo tratto il sentiero si fa monotono e costeggia le strade statali spagnole, con auto e mezzi pesanti che sfrecciano al nostro fianco. D’altronde, siamo in una delle vie più importanti d’Europa che viene percorsa da secoli per scopi commerciali e religiosi, per cui negli anni non si è potuto fare a meno di ingrandirle sempre di più, fino a farle diventare delle autostrade.

Per fortuna questa fase dura poco perché, superati i Monti di León, da Astorga in poi inizia un altro spettacolo. Si procede verso Foncebadón e il paesaggio diventa sempre più verde e le montagne sempre più alte. Si arriva alla Cruz de Ferro, il punto più alto di tutto il Cammino di Santiago a 1508 metri sul livello del mare. Ci arriviamo anche con Ginny, che con il suo sguardo incuriosito sale sulla montagna di sassi portati qui da migliaia di pellegrini lungo i secoli. Qui, infatti, i pellegrini sono soliti lasciare un sasso o un oggetto che proviene dalla propria terra, a voler simboleggiare lo scrollarsi di dosso un peso della propria vita, un fardello da lasciar andare qui sul Cammino. Molti si lasciano andare alla commozione in questo punto e dobbiamo dire che anche noi non abbiamo resistito. Questa croce significa molto per i pellegrini che sono arrivati fin qui con fatica e sudore.

Con Ginny e Sila alla Cruz de Ferro

La discesa dopo la Cruz de Ferro è impervia e scoscesa, ma regala panorami mozzafiato su dei paesini che sembrano usciti da qualche favola celtica. Si prosegue, come sempre, un po’ da soli e un po’ in compagnia fino a Ponferrada, e le emozioni culminano alla vista del Castillo de los Templarios, un’altra cartolina da favola proprio nel centro città.

Castillo de los Templarios di Ponferrada

Arrivati in Galizia, Terra di San Giacomo

Le fatiche però non sono finite. Ci tocca risalire ancora verso la montagna che ci consentirà di entrare in Galizia, terra di San Giacomo. La salita verso O Cebreiro è un qualcosa di unico, diversa da tutte le salite affrontate in precedenza. Al contrario dei paesaggi visti fino ad ora, qui la natura è rigogliosa e vi sono fiumi e ruscelli ad ogni angolo. Arriviamo in vetta ancora una volta stanchi ma felici.

Dopo aver vissuto la fatica fisica nella prima parte del Cammino, e la fatica mentale sulle Mesetas, in Galizia si vive un’esperienza più spirituale. Le città che si attraversano sono sempre più piccole, e si ha la possibilità di stare molto più tempo in natura. Pini, abeti ed eucalipti (tanti eucalipti) ci accompagnano sul nostro Cammino. Ormai non abbiamo più dolori, anzi, ci sentiamo più in salute che mai. Anche mentalmente ci sentiamo bene, non abbiamo nessun pensiero negativo. Forse l’unico pensiero angoscioso è che fra poco finirà tutto perché Santiago è vicino.

I panorami della Galizia

Le ultime tappe, come detto, le percorro pernottando negli albergue. Esperienza interessante, ma che sinceramente non ripeterei con un camper al seguito. Negli albergue si possono fare esperienze uniche e conoscenze straordinarie, ma probabilmente, dato che siamo in bassa stagione, non è il periodo giusto per fare ciò. In ogni caso l’esperienza degli albergue è stata più che positiva e mi ha consentito di legare ancora di più con la mia Camino family, perché sì, si creano delle vere e proprie famiglie lungo il Cammino, con gente che arriva da tutto il mondo. Ho passato delle serate meravigliose insieme ad altri pellegrini che stavano vivendo con me il sogno di percorrere il Cammino di Santiago.

Cena fra pellegrini

L’arrivo a Santiago

Siamo ormai agli sgoccioli e negli ultimissimi chilometri, la gente inizia a delirare: urla e schiamazzi, canti e bevute. Ogni pellegrino ci sembra un amico di vecchia data, anche se lo abbiamo conosciuto solo la sera prima. Ci si incita a vicenda con un “VAMOS!!!” o un “BUEN CAMINO!!!”.

Cento chilometri, cinquanta chilometri e poi nell’ultima tappa ne restano proprio pochissimi. Dieci, cinque, tre chilometri. La Cattedrale è lì, la vediamo in lontananza. Ma l’ultimo chilometro è sempre il più duro, anche nell’ultimo giorno che abbiamo deciso di fare “solo” 10 chilometri.

Undici chilometri a Santiago

La Porta do Camiño ci introduce al centro storico di Santiago de Compostela. E poi non ricordo più niente, solo un’emozione fortissima nell’attraversare l’arco che ci introduce a Praza do Obradoiro. C’è una cornamusa che suona una musica altissima e bellissima. Entro nella Piazza, uno sguardo alla facciata della Cattedrale e scoppio in lacrime. Ce l’ho fatta!!!

Sono stati 810 i chilometri fatti da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela: fatti tutti a piedi, sulle mie gambe. Solo a pensarci rabbrividisco. Resto imbambolato lì nel centro della piazza, in lacrime davanti alla meravigliosa facciata della Cattedrale. Vedo arrivare altri pellegrini e alzo il pugno in segno di vittoria. Loro fanno lo stesso e un grido di gioia invade tutta la Piazza.

Arrivo a Santiago de Compostela

Andiamo a ritirare la Compostela, e decidiamo di assistere alla Messa del Pellegrino, nella Cattedrale che tanto abbiamo sognato di vedere. Durante la celebrazione assistiamo anche al rito del Botafumeiro, l’incensiere più grande al mondo che viene fatto oscillare lungo tutta la navata della basilica, per coprire l’odore nauseabondo della “fatica” dei pellegrini.

Il Cammino continua…

All’indomani però, decido che il mio Cammino non finisce lì, ma voglio spingermi oltre e arrivare fin lì dove finisce la terra e inizia il mare. Altri tre giorni di cammino verso Finisterre, per raggiungere l’oceano e vedere con i nostri occhi l’ultimo tramonto d’Europa, e l’ultimo tramonto da pellegrino. L’ultima tappa la faccio con Sila, e l’ultimo chilometro anche con Ginny e Alessia al mio fianco. Anche qui, arrivati al cippo che ci indica zero chilometri, non possiamo trattenere la commozione, ma questa volta è finita per davvero.

Finisterre - Chilometro zero del Cammino di Santiago

All’indomani partirà Alessia, da Astorga e percorrerà anche lei i punti più iconici del Cammino di Santiago. Vivrà emozioni uniche, proverà gli albergue, si farà la salita verso O Cebreiro, conoscerà gente straordinaria, si fermerà a Melide ad assaggiare il famoso pulpo a la Gallega (come ho fatto anch’io), accherezzerà tutti gli animali che si incontrano lungo il Cammino, rimarrà estasiata dai panorami della Galizia e infine arriverà a Santiago de Compostela e sarà un’altra emozione straordinaria.

Il Cammino di Santiago è un’esperienza unica che va vissuta appieno lasciandosi indietro le preoccupazioni della vita di tutti i giorni. Il pellegrino vive in uno stato sollevato dalla realtà, vive alla giornata e ha il tempo di godere di ciò che sta vivendo. Ed è proprio lì, proprio quando si sta faticando maggiormente, che ci si sente più vivi che mai. È un modo di legarsi maggiormente alla natura, al mondo che ci circonda, quello reale, fatto di cose semplici, di alberi, di animali, di persone. Il pellegrino porta con sé poche cose, il minimo indispensabile per poter vivere. Ed eccola lì che ritorna ancora quella parola: VIVERE!!! Questo è ciò che ci ha insegnato il Cammino: ci ha insegnato a vivere per davvero.

È per questo che il nostro viaggio non finisce qua. Con questa esperienza alle nostre spalle le nostre prossime avventure avranno tutto un altro gusto.

Ultreya! Et Suseya!

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